Quando lo Zar diventò Zar era molto felice ma, raccontano gli annali, un cruccio lo tormentava. Aveva il “panem” ma non aveva i luoghi dove fornire al popolo i “circenses”. Dopo fervide consultazioni con l’allora Gran Ciambellano (poi divenuto M, entità segreta inevocabile) giunse alla prima conclusione di dover fornire ai sudditi una piazza dove fare intrattenimento estivo, un teatro dove collocare quelli invernali e uno stadium bellissimo et capientissimo. L’impresa non solo sarebbe servita a far contento il popolo ma avrebbe anche appuntato sul petto dello Zar la medaglia che un suo celeberrimo predecessore, principe Memmus, non era riuscito a raggiungere. Fu così che in più mosse lo Zar fornì al popolo la piazza in zona panoramicissima, il teatro (anzi due), lo stadio e anche un giardinone nel bel mezzo della città bassa dove far scorrazzare i sudditini. Gli anni trascorrevano nell’Impero come altrove e lo Zar godeva dei suoi privilegi, si agitava per le sue responsabilità, pensava alla discendenza, si concedeva qualche vizietto e insomma faceva quello che fanno tutti i sovrani. Nelle notti insonni però qualcosa tornava a tormentarlo. Un senso di privazione lo erodeva nell’anima. Aveva più volte destato anche prima del sorger del sole i notabili (M risultava introvabile, sotto mentite spoglie chissà dove) ma accortosi che essi non capivano cosa dicesse e non a causa della sua carenza nell’eloquio, proprio perché non capivano assolutamente niente, si sentì solo e incompreso. Finché una notte ebbe un’apparizione! Una luce diffusa riempì la sua regale stanza e di spalle, in contrasto a quel bagliore, si stagliava la silhouette di qualcuno di enorme e tremendo. Forse Carlo Magno, forse Bonifacio VIII, forse zio Benito o chissà chi. Una voce giungeva alle sue orecchie come da molto lontano eppure potentissima: “Nicolaaaaa – diceva – lo so che soffri pur negli agi e negli allori. E’ il destino di noi potentissimi e tu, sappilo, puoi diventarlo. Ora, Nicola, sei come una crisalide, ti manca pochissimo per dispiegare felice le ali. Ti manca il Palazzo! Ti manca il luogo che dimostri il tuo potere, che impressioni e, soprattutto, il balcone dal quale arringare la folla raccolta in piazza e, si spera, osannanteeeee. La luce si spense nella stanza dello Zar ma si accese nella sua mente e, soprattutto, un caldo balsamo giunse a rinfrancare il suo spirito. Da quel momento seppe come eliminare le sue sordide sofferenze e lavorò per avere il Palazzo sulla Piazza.
Frosinone, Banca d’Italia: dalla distruzione del 43 alla nuova sede comunale. La firma per l’acquisizione nella disponibilità del Comune è avvenuta il 5 novembre del 2020.
Costruito a partire dal 1854, il palazzo della Banca d’Italia ha ospitato gli uffici del principale ente finanziario del Paese, fino alla chiusura avvenuta nel 2008. Già sede dei gendarmi pontifici, fino alla seconda guerra mondiale (nel corso delle quale ha riportato, come tutto il territorio comunale, ingenti danni, senza ricevere poi aiuti dal governo per la successiva ricostruzione) ospitava la caserma dei reali carabinieri, fino all’età pre repubblicana.
La collocazione dell’edificio voluta dall’istituto di via Nazionale non sorprende: dalla prima sede in Firenze alle successive acquisizioni di edifici, le filiali della Banca d’Italia sono state sempre collocate nei punti più rappresentativi delle città, in palazzi storici che annoverano elementi architettonici e artistici di pregio. Nelle costruzioni edificate all’inizio del secolo scorso la Banca, basandosi sul linguaggio costruttivo e decorativo del periodo, ha inteso trasmettere un’immagine di sobrietà e solidità, di bellezza austera, che poco o nulla concedeva allo sfarzo, ma era sempre intimamente legata alla storia economica, sociale e culturale delle città e al prestigio dell’Istituzione.
L’immobile presenta una superficie direzionale di circa 2000 mq, 500 mq per residenze e 300 per archivi.
L’operazione, condotta personalmente dal sindaco, Nicola Ottaviani, con l’assessorato della governance, coordinato da Pasquale Cirillo, e con quello al bilancio, coordinato da Riccardo Mastrangeli, attraverso una condivisione voluta con tutti i gruppi consiliari della maggioranza, consoliderà ulteriormente la vocazione storica e culturale della parte alta della città, ove l’assessore al centro storico, Rossella Testa, sta continuando a rivitalizzare il contesto sociale.