Si era consumata, come previsto puntualmente dai veggenti e chiromanti, una sanguinosa lotta per la successione sul trono del Palazzo d’Inferno, trasferito nel nuovo castello noto alla storia come “Il Munari”. La battaglia aveva premiato la volontà dello Zar, il quale era sceso personalmente sul campo al fianco di colui che, a malincuore, aveva designato come delfino. Egli era M, il suo consigliere totale, colui che però lo faceva ammattire e, sovente, lo mandava in bestia a causa della latitanza in località segretissime. Tanto segrete che persino egli stesso, M, doveva ignorare dove si trovava. Vinta la battaglia M venne chiamato Munazio, in onore de “Il Munari” del quale era divenuto signore, nonché quale auspicio per ricalcare le gesta del celeberrimo due volte Dux, legato di Giulio Cesare e seguace di Marco Tullio Cecerone, Munazio Planco appunto, che i natali prese non distante dalla capitale dell’Impero.

Non era però ancora tempo di letizia, sebbene i festeggiamenti per la salita al trono di Munazio furono ne’ sobri ne’ casti. Incombeva infatti nei meandri del castello la più infida e subdola tra le dispute: la designazione della nuova Corte! Per tradizione la Corte dell’impero era chiamata l’Olimpo, tanti e tali privilegi poteva regalare e tale rito, quello della designazione, era per questo condito da tradimenti e delitti, circondato da dicerie oscene e obbrobriose quando non da vere e proprie leggende terrificanti.

In tanti si sentivano degni del privilegio che solo il Sovrano poteva attribuire e non di rado, nella storia, era accaduto che tendessero ad eliminarsi fisicamente l’un l’altro mettendo a punto dei piani diabolici. Munazio aveva fatto sapere che non avrebbe avuto fretta a decidere sulla nuova Corte perché aveva intenzione di scegliere con cura i migliori, pur rispettando il peso delle Corporazioni che lo avevano sostenuto. La manovra, insomma, sembrava prolungarsi e, col tempo che passava, l’attesa dei pretendenti si faceva spasmodica,  densa di congetture quando non, addirittura, di paranoie. Alcuni vennero assaliti da manie di persecuzione.

Si dice, ma pare si tratti di perfide dicerie popolari, che alcuni piangessero di nascosto nei sottoscala del Munari, altri, colti dal fervore dello scontro, declamassero a gran voce il loro programma da Cortigiano fingendo sicurezze e mostrando sorrisi tesi e falsissimi. Si è anche arrivati a dire che alcuni fossero stati allontanati dalla Guardia Imperiale, trovati a strisciare lungo le mura nelle ore notturne, con l’intenzione di entrare negli alloggi principeschi e ingraziarsi, con mezzi deprecabili, i notabili casualmente incontrati.

Altri ancora, secondo le malelingue, avrebbero scomodato i saggi più famosi dell’impero, come il Vate Alfredo e addirittura il Mago di Pastena, per ottenere consigli e sperare in un viatico verso l’Olimpo. (continua)