Si avvicinava in quel tempo la grande sfida per la Consultona continentale. Nell’Impero si stavano celebrando gli ultimi giorni di Festa e lo Zar Nicola, scontento per il sottotono con il quale la Capitale imperiale l’aveva trascorsa, aveva costretto Lady VaLentina ad allestire almeno un gran finale, poiché reputavasi disdicevole appressarsi alla gara per la Consultona con una Capitale pallosa. Dopo un consulto con il Gran Ciambellano onde reperire le risorse necessarie e appurato che la pecunia disponibile non avrebbe consentito di esaudire il desiderio del Sovrano, la Lady aveva avuto un’idea geniale che, in gran segreto, chiamarono col Gran Ciambellano ‘Operazione sdoppia la Vecchia’. “Per coprire un’intera giornata di festeggiamenti dedicati ai bambocci – aveva detto l’arguta VaLentina all’orecchio del Gran Ciambellano – costringeremo al doppio lavoro la Vecchiaccia e, per l’occasione, la chiameremo Bifana, cioè doppia Befana. Che pare a Vostra Signoria?” Un brillore attraversò lo sguardo dello scaltro plenipotenziario e bastò un cenno del suo indice per approvare l’operazione. La cosa costava moderatamente e avrebbe avuto un gran successo poiché “far felici i marmocchi equivaleva sempre al grande favore dei loro genitori” aveva sussurrato. E se la Vecchiaccia fosse schiattata per la fatica? Poco male, l’Impero pullulava di popolane più che sfiorite che ambivano al ruolo. Inoltre il Cerimoniale dell’Impero consentiva alla Vecchiaccia in carica di sbirciare da distanza di sicurezza le gesta ludiche della Corte la notte di Carnevale, quando impazzavano durante il celeberrimo “Abballo” nel salone della Villa Imperiale. Tale prerogativa rendeva la Vecchiaccia assai popolare presso le lingue zozze e i giullari che si aggiravano nel Palazzo d’Inferno, gente sempre ansiosa di particolari da soffiare nelle orecchie indiscrete.

Ma perché lo Zar Nicola smaniava tanto per la Consultona? Neanche i suoi più fedeli vassalli conoscevano la sua intenzione. Egli non sarebbe stato il lizza ufficialmente ma intendeva – almeno di questo si discettava nelle conventicole dei potenti – esserne comunque protagonista. Misteriosa, inoltre, restava la sua vicinanza a questa o quella Confraternita, laddove lo Zar mai aveva davvero ufficializzato la sua appartenenza a una di esse. Tanto che, sebbene surreale, a molti sembrava consona alla regale personalità la fondazione di una Confraternita tutta sua. E da tempo si fantasticava sulla possibile natura di quella Confraternita: c’era chi millantava informazioni dirette e sparava oscenità del tipo: “Ho sentito da fonti certe che lo Zar sta rifondando assai furbescamente il Partito Democratico Italiano. Ormai pochissimi oltre a Lui sanno che quel partito nato dopo il Referendum che scelse la Repubblica nel 1946 era di chiara ispirazione monarchica. Con la confusione che c’è nel Pd di questi tempi chissà in quanti si sbaglieranno nel segreto dell’urna”. Per altri, ancora più fantasiosi ma più avveduto sulla personalità politica assai più complessa di quanto il popolo sospettasse, il disegno del sovrano era ben più originale. Più di una volta, in fondo, aveva fatto infuriare il Gran Ciambellano per le sue propensioni pericolosamente vicine al popolo (chi non ricorda il compleanno festeggiato con gli operai nel cantiere del Parco Matusa?). Ed ecco che nei corridoi del Palazzo d’Inferno la servitù chiacchierava di un partito popolarissimo, nuovo, e al contempo in perfetta linea con la tradizione dello Zar: la DC. Solo che, secondo la fantastica ricostruzione, nella mente fervidissima di Sua Maestà l’acronimo sarebbe suonato eccellentemente ma senza rievocazioni e non significava Democrazia Cristiana bensì Democrazia Ciociara! Alla notizia, diffusasi a macchia d’olio nonostante fosse destituita di ogni credibilità, un buon numero di attivisti che anestetizzavano la nostalgia nel PD (Partito Deangelis) presero a riunirsi segretamente nell’antica e gloriosa Vendita carbonara Ricciotti e a meditare la rinascita del PCI: Partito Ciociaro Italiano. (… continua)