Quest’uomo è Maurizio Agamennone (nella foto di Stefano Strani). Docente nella facoltà di Etnomusicologia dell’Università di Firenze. Nato a Cassino, vive a Frosinone praticamente da sempre. E’ l’ideatore, insieme a un collega, della Notte della Taranta, la manifestazione musicale che ha cambiato le sorti del Salento: il volano intorno al quale tutto il sistema turistico di buona parte della Puglia ha iniziato a funzionare alla grande divenendo una delle mete estive più gettonate. Maurizio Agamennone è stato nominato quest’anno nel Comitato scientifico della Fondazione Festa della Taranta insieme ad altre quattro personalità di elevato e riconosciuto spessore nelle loro materie. Il presidente del Comitato scientifico è il prorettore dell’Università del Salento, il filosofo Domenico Fazio. Gli altri tre membri sono: il sociologo Aldo Bonomi, lo storico delle tradizioni Federico Capone,  il geografo Fabio Pollice. Il presidente della fondazione, Massimo Manera, intervistato sulla funzione del comitato scientifico, ha specificato: “Abbiamo inteso dare spazio a competenze diverse. Figure di alto profilo culturale che testimoniano ancora di più quello che è il nostro preciso obiettivo: fare della Fondazione uno strumento di crescita culturale e di sviluppo socio-economico del territorio salentino attraverso una stabile interconnessione con il panorama italiano e internazionale”.

Guardo i filmati diffusi in rete dell’edizione 2020 della Notte della Taranta, un’edizione speciale come tutto quanto venga dettato dall’esigenza di arginare quell’assassino di Covy. Sento la Nannini, Jovanotti e tanti altri che partecipano a quella che ormai è diventata la proposta musicale più importante e attraente dell’estate italiana; non posso che chiedermi perché il frusinate Maurizio Agamennone non sta in nessuna fondazione di manifestazioni ciociare; perché non ha ideato nulla di attraente con il saltarello, la ballarella o cose simili che non sono ritmicamente meno coinvolgenti della tarantella (per i profani come me è addirittura difficile fare una distinzione). Me lo chiedo per capire, non per lagnarmi. Voglio capire perché le idee di Agamennone, come, ad esempio, il “Premio intelligenze multiformi” che viene organizzato dall’Associazione Orchestra da Camera Frosinone, non viene preso in considerazione davvero. Quel premio è un’idea geniale che può essere sviluppata e può generare molto interesse. Solo un esempio di tanti che se ne potrebbero fare per capire come e perché i festival rilevanti della provincia di Frosinone (Liri Blues e Atina Jazz in primis) non abbiamo avuto una reale strutturazione e un respiro istituzionale davvero sovra-comunale. Perché il Festival del Folclore di Alatri che ha avuto per anni ambizioni internazionali non sia riuscito mai a diventare un appuntamento di vera fama nazionale.

Mi chiedo il perché e non trovo riposte vere poiché non voglio accettare, nel novero, la possibilità che nel Lazio meridionale si sia davvero degli incapaci. Voglio invece pensare che la possibilità che accada quel che è successo nelle Puglie possa succedere anche da queste parti e che cinque comuni, per esempio, si mettano insieme a finanziare una manifestazione musicale. A investire sulle loro tradizioni e sulla loro bellezza, senza personalismi, interessucci sugli appalti, mediocrità di campanile, da classe politica da cortile, da strapazzo.

Nel frattempo credo si sia tutti d’accordo sul fatto che la colpa non può essere che sua, di Maurizio Agamennone, colpevole di troppa sapienza e di folle visione.