Liberiamo subito il campo da illazioni e errate similitudini. Lo Zar non sta più in Russia da più di cent’anni e, inoltre, nessuno Zar della dinastia Romanov si è mai chiamato Vladimir.

Gli Zar più famosi, invece, si chiamano Nicola. Ancora oggi. Noi, da anni, ci occupiamo di uno in particolare: il sovrano dell’Impero. Giova un piccolo riassunto delle puntate precedenti: Lo Zar Nicola lasciò lo scettro al suo ex ministro delle Finanze, il misterioso ma neanche tanto, M. Questi svelò la sua identità in occasione dell’incoronazione tenuta nel Palazzo d’Inferno, noto anche come Palazzo Munari, e iniziò il suo regno assumendo il nome di Munazio. Lo fece per rendere omaggio a Munazio Planco, coriaceo condottiero e politico originario della periferia dell’Impero che si distinse in epoca romana, assistente sia di Cesare sia di Cicerone. Volle chiamarsi Munazio anche in omaggio alla reggia che lo ospitò, Palazzo Munari, appunto. Per alcune vicende di cui non tratteremo oggi Munazio fu noto presso gli osservatori e i sudditi col nomignolo de “il Domatore”.

Così lo Zar, lasciato l’Impero in mani amiche, intraprese il suo percorso di arricchimento del cursus honorum quale membro del Gran Consiglio degli Imperii, nel cuore della Città Eterna, assumendo il nome di ZarOn. Qui le cronache, spesso contraddittorie, assumono un rarissimo andamento sincrono, simpatico e concorde nel descrivere come lo Zar si distinse subito in quell’altissima assise: cooptato quale Membro Decisivo del Dicastero delle Ricchezze, lo Zar Nicola ottenne subitissimo uno scrigno di quattrini per i nosocomi dell’Impero tra grida di giubilo dei sudditi. Tutti, inoltre, capirono che era tenuto in altissima considerazione presso il Gran Consiglio quando proprio lui, lo Zar, fu chiamato a declamare il discorso per ottenere proseliti in occasione della più importante tra tutte le leggi: la temibile “Quattrinaria”, quella che determinava ricchezza e povertà, fortuna o oblio, speranza o disperazione tra i popoli. Quando agli altri rappresentanti del Gran Consiglio vennero concesse piccole clessidre per i loro interventi, allo Zar e solo per lo Zar fu capovolta la clessidrona, nota tra i Decisori come “la Magnifica”, dono di Kronos destinato ai prescelti, segnava un tempo quasi eterno. Egli arringò gli astanti, ottenne plausi e gloria, poi tornò nell’Impero come niente fosse, accolto amorevolmente dalla Zarina e – narrano le cronache – incurante dei sussurri ammirati dei sudditi si abbandonò tra le braccia di Morfeo, sotto l’occhio sempre vigile dell’alfiere Verrelli.

Ma un’altra pugna già lo attendeva e la strada della Città Eterna dovette riprendere ben presto. Premevano le elezioni dell’Antico Circondario e lo Zar fu chiamato, insieme ad altri, pochi, potenti, a sostenere il candidato alla Coroncina, un crociato che vantava, tra l’altro, origini suburbane dell’Impero. Ma questo è già l’inizio della prossima puntata de… “Lo Zar in Rome”.