Enrico Gasbarra ha un nome che tende a ricicciare ad ogni piè sospinto (leggi qua) e specialmente a ogni vigilia delle Regionali del Lazio. Candidato ed eletto in competizioni di ogni dimensione (si va dal suo comune, Cittareale (RI), alla Circoscrizione, Comune e Provincia di Roma, al Parlamento italiano e anche europeo), l’unica che pare gli manchi è proprio la Regione. Ha un ottimo rapporto con Zingaretti: Gasbarra è stato il suo predecessore alla presidenza della Provincia di Roma e proprio dal Presidente della Regione Lazio, nel 2019, quando decise di non ricandidarsi per un seggio a Bruxelles,  ha  ricevuto la nomina a presidente della potente e ricca azienda pubblica per i servizi alla persona ISMA, controllata da Roma Capitale e, appunto, dalla Regione Lazio.

Insomma Gasbarra, nato politicamente nella Dc, dove si fece notare già giovanissimo, passato per il PPI e per la Margherita prima di approdare nel Pd dove è riuscito anche a diventare anche segretario regionale, è quel che si dice un politico dal cursus honorum eccellente.

Oggi è il convitato di pietra al tavolo dei pretendenti alla successione di Zingaretti alla presidenza della Regione Lazio. Il suo nome viaggia, si sussurra e ripete nelle segrete stanze ma nessuna riserva ufficiale è stata sciolta e, anzi, pare che susciti un certo fastidio nel suo entourage lo sventolio del suo nome così in anticipo rispetto alla campagna per la corsa a Via Cristoforo Colombo. Accadrà nelle prossime ore? Difficile dirlo. Succederà come al solito, riciccia e poi si sgonfia? In molti lo pensano, ma andiamo per gradi.

Ore calde quelle odierne e non solo per Caronte. Sono quelle dedicate all’attesa Direzione regionale del Pd, dove sul tavolo ci sono (manco a dirlo) le elezioni: quelle regionali del prossimo anno ovviamente ma anche, per forza, quelle amministrative di due settimane fa, quelle che sono andate, per usare un eufemismo, maluccio (perse in tutti e tre i capoluoghi al voto). Una Direzione che si preannuncia come un campo di battaglia. Il segretario Bruno Astorre si presenta con in tasca la rassicurazione del segretario nazionale Enrico Letta che fino a dopo il voto della prossima primavera non si celebreranno congressi. Si tratta di una prassi consolidata nei partiti, per evitare comunque fibrillazioni che finiscono per togliere energia alla campagna elettorale. C’è gente importante però che ha da dire qualcosa al segretario regionale, sparato sulle primarie punto e basta. Per esempio il vice segretario regionale del Pd nonché consigliera regionale, Sara Battisti, l’altra sera in un’intervista pubblica ha spiegato per filo e per segno perché non è d’accordo con le primarie se devono essere solo una conta interna al Pd. In questi caso, dice provocatoriamente all’indirizzo di Astorre, che si faccia il congresso del partito.

Mauro Buschini, consigliere regionale e coordinatore della maggioranza, ha una posizione più possibilista: primarie sì, a meno che non risultino distruttive.

Diversi osservatori vedono queste posizioni come pro o contro Astorre/Leodori.

Comunque sia, anche se alla gente non interessa granché delle dinamiche interne ai partiti, si ricorderà che le cordate in lizza su questa faccenda hanno certamente anche che fare con l’egemonia nel partito e non sono collegate solo alle elezioni.

Per le primarie sono già in pista dei cavalli di razza per la corsa alla Presidenza del Lazio

Al nome dell’assessore di Zingaretti, Alessio D’Amato, osannato plenipotenziario della Sanità-modello di lotta al Covid, si è aggiunto quello del vice presidente della Regione, Daniele Leodori, uomo legato al segretario Astorre. Inoltre è arrivata la candidatura di Marta Bonafoni, rappresentante del mondo delle associazioni, eletta nella civica di Zingaretti, dichiaratamente contro lo strapotere del Partito Democratico. Sarebbe opportuno dilungarsi sulle linee, assai complesse e, soprattutto assai soggette a cambi di rotta repentini, che vedono opposti schieramenti pro e contro le primarie, pro e contro componenti e cordate. Non interessano al popolo. Interesseranno un po’ di più  le indicazioni sulle alleanze nel famosissimo Campo Largo. La questione sui Cinquestelle che sono e restano alternativi ad Azione di Calenda e che dopo la scissione e le amministrative sono in forte difficoltà, gli altri partitini e anime che resistono nella Capitale che certamente non semplificano il quadro.

Sul fronte del centrodestra invece la discussione sulle regionali è per ora molto meno pressante, anche se, ovviamente, c’è. Il toto candidato, anche in questo caso, è partito in largo anticipo. I nomi che sono circolati fino ad ora sono quelli di Maurizio Gasparri (FI) che, come Gasbarra, oltre ad avere una certa assonanza nel nome ha anche la tendenza a ricicciare; Francesco Lollobrigida (FdI) e Fabio Rampelli (FdI). Le Voci dal Palazzo però (e che Palazzo, sulla sommità del più importante dei sette colli) lanciano un pettegolezzo fantapolitico che ovviamente non ha alcuna controprova di veridicità: nel centrodestra lavorerebbero per candidare l’ex vice ministro e attuale sottosegretario alla Sanità, Pierpaolo Sileri. Un uomo di area pentastellata ma… hai visto mai?